IL PRETORE Sciogliendo la riserva; Letti gli atti; O S S E R V A Il conduttore, pur riconoscendo esatta la scadenza del 31 ottobre 1992, si e' opposto alla convalida sia per l'asserita nullita' della citazione, a suo dire priva del requisito di cui all'art. 163, n. 2, del c.p.c., sia per la sopravvenuta proroga biennale ex art. 11, comma 2- bis della legge n. 359/1992. Il procuratore dell'intimante ha contestato la dedotta nullita', ha ribadito lo stato di necessita' abitativa dell'istante gia' illustrato nel libello introduttivo ed ha poi eccepito, con le note 21 novembre 1992, l'illegittimita' costituzionale della proroga in oggetto, anche sotto il profilo dell'omessa tutela delle esigenze del locatore di utilizzazione personale del bene o di sua altra valida necessita', sempre rispettate dalle precedenti norme vincolistiche. Orbene sulla base del chiaro disposto legislativo e' indubbio che il biennio in oggetto costituisce vera e propria proroga del contratto e non dell'esecuzione. Tale proroga opera poi in modo automatico (di diritto) nel caso in cui le parti non abbiano raggiunto l'accordo sul nuovo canone, tanto nel senso che abbiano omesso di trattare, quanto nel senso che le trattative non siano andate a buon fine; va precisato in proposito che il mero rifiuto di trattare del proprietario, indipendentemente dalle motivazioni di esso, deve essere equiparato al caso di mancato accordo. Ne consegue che ove il locatore, come nella specie, insista in giudizio per il provvedimento di rilascio, con cio' manifestando l'inequivoca volonta' di non dare corso ad alcuna trattativa sul nuovo corrispettivo, ancorche' per propria necessita' abitativa, puo' dirsi realizzata la condizione negativa per l'operativita' della proroga biennale prevista dalla nuova legge. Alla stregua di quanto sopra, la prospettata questione di costituzionalita', che puo' essere sollevata anche d'ufficio, e' senza dubbio rilevante ai fini del decidere; invero l'eccepita nullita' della citazione appare insussistente (l'attrice ha il doppio cognome "Buoni o Del Buono") e comunque sanata ex art. 164, secondo comma, del c.p.c.; la scadenza negoziale del 31 ottobre 1992 e' stata contestata solo in virtu' della nuova legge; l'intimate ha posto a fondamento della domanda di rilascio l'esigenza di disporre dell'immobile per uso abitativo proprio. Dichiarata peraltro l'incostituzionalita' totale o parziale della norma in esame, potrebbe essere adottato il provvedimento di rilascio, nel primo caso per generica finita locazione e nel secondo caso per riconosciuta necessita' del proprietario, previo mutamento del rito ex art. 48 della legge n. 392/1978. Orbene, come gia' osservato da questo stesso pretore con ordinanza 25 novembre 1992 in causa Falconi-Adragna, sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione, non puo' ravvisarsi arbitraria discriminazione tra le locazioni cessate prima dell'entrata in vigore della nuova legge e quelle con scadenza successiva al 14 agosto 1992. Invero trattandosi di proroga del contratto e non della esecuzione, come gia' rilevato, la protrazione ex lege della durata di esso concerne correttamente i soli rapporti ancora in corso de jure e non trova applicazione a quelli gia' esauriti e rimasti in vita de facto, in attesa della riconsegna dell'immobile. L'indubbia eterogeneita' delle illustrate situazioni, sottrae e censura l'operato del legislatore proprio alla luce dell'invocato principio di uguaglianza. Per concludere sul punto si osserva altresi' che la scelta di una proroga generalizzata ovvero predisposta solo in favore di determi- nate categorie di conduttori (ad es. a basso reddito), rientra nell'ambito dei poteri discrezionali del legislatore (cfr. Corte costituzionale sentenza 5 aprile 1984, n. 89). Quanto alla pretesa violazione dell'art. 42 della Costituzione va posto in rilievo il carattere straordinario e temporalmente limitato della proroga di cui trattasi che, secondo la chiara ratio legis, tende ad assicurare un passaggio graduale, dilazionato e non traumatico dal regime essenzialmente vincolistico dell'equo canone al regime di sostanziale liberta' contrattuale nella determinazione del corrispettivo delle locazioni abitative, introdotto con le disposizioni del primo e secondo comma della nuova legge. Cio' al fine di realizzare la riforma senza gravi turbative dell'equilibrio del mercato, assai precario nel momento attuale, pericolose conseguenze sul livello dei prezzi, prevedibilmente in ascesa per effetto della liberalizzazione e, quindi, sul fenomeno inflattivo, tenuto in massima considerazione dal legislatore anche in vista del risanamento della finanza pubblica, che costituisce oggetto specifico della legge n. 359/1992. L'indubbio sacrificio imposto alla proprieta' privata, peraltro soggetta a limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale, e' adeguatamente bilanciato dai vantaggi conseguibili dalla categoria dei locatori per effetto della totale ed immediata abrogazione dell'equo canone per gli immobili di nuova costruzione (art. 11, primo comma) e dalla possibilita' di concordare alle scadenze dei contratti in corso (ed in proposito la proroga persegue anche la finalita' di agevolare tali accordi) o comunque per i contratti stipulati dopo il 14 agosto 1992 (art. 11, secondo comma), corrispettivi in linea con gli effettivi valori del mercato immobiliare. Per quanto sopra, la proroga biennale in oggetto, valutata alla luce del complessivo disposto dall'art. 11 della legge n. 359/1992, appare compatibile con la garanzia costituzionale del diritto di proprieta' del locatore posto dall'art. 42 della Costituzione, in conformita' a principi gia' enunciati dalla Corte con la citata sentenza 5 aprile 1984, n. 89 e dunque per tale parte la proposta questione va dichiarata manifestamente infondata. Quanto all'ulteriore profilo di illegittimita' della proroga concernente la non riconosciuta tutela delle esigenze personali del locatore, si osserva anzitutto che non puo' operare nella specie l'istituto del diniego di rinnovazione previsto dall'art. 11, secondo comma, seconda parte della legge n. 359/1992, applicabile solo alla scadenza quadriennale dei contratti stipulati ai sensi della prima parte della stesa disposizione di legge. Inoltre il diniego di rinnovo di cui sopra, operando soltanto per la scadenza quadriennale, potrebbe consentire al locatore di evitare l'ingresso del contratto nel regime di proroga ma non gia' di farlo cessare nel corso del biennio per un sopravvenuto stato di necessita'. Neppure sembra corretto ipotizzare il ripristinato vigore dell'istituto del recesso di cui al previgente regime vincolistico ed al regime transitorio della legge n. 392/1978, non piu' previsto dall'ordinamento e neppure richiamato dalla nuova legge n. 359/1992. Nella illustrata situazione, evidente si appalesa a giudizio del pretore, la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 2-bis, della legge citata, nella parte in cui non prevede la possibilita' del locatore di recedere alla scadenza ordinaria del contratto ovvero nel corso della proroga biennale in caso di necessita' di disporre dell'immobile per gli usi o per le opere di cui rispettivamente agli artt. 29 e 59 della legge n. 392/1978, mutaundosi opportunamente i motivi di recesso dal secondo comma dello stesso art. 11 della legge n. 359/1992 in tema di diniego di rinnovo alla prima scadenza quadriennale della locazione con patti in deroga. Invero secondo quanto gia' affermato dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza 27 febbraio 1980, n. 22) "nel complesso sistema vincolistico .. l'istituto della necessita' come causa di cessazione della proroga legale ha assunto nella comune interpretazione adeguatrice (cfr. sentenza n. 132/1972) carattere strumentale per la composizione dei contrapposti interessi, prevalendo di regola quelli dei conduttori, che rimangono sacrificati di fronte all'esigenza del locatore proprietario di ottenere la disponibilita' dell'immobile in caso di necessita'". Cosicche' l'omessa previsione di tale necessita' quale causa di esclusione della proroga introdotta dalla legge n. 359/1992 ovvero di recesso nel corso di essa, appare irragionevole, e del tutto ingiustificata, rendendo sicuramente intollerabile la compressione del diritto di proprieta' ed incompatibile con la garanzia posta dall'art. 42 della Costituzione il nuovo regime "transitorio" della citata legge n. 359/1992. Risulta altresi' violato il diritto di difesa, pure costituzionalmente protetto, stante l'impossibilita' per il locatore di far valere in giudizio esigenze di vita e di lavoro socialmente apprezzabili e meritevoli di riconoscimento e tutela, peraltro costantemente assicurati nel vigore delle precedenti norme vincolistiche e perfino nella fase di esecuzione dei provvedimenti di rilascio (cfr. artt. 2 e 3 della legge n. 61/1989). Per le ragioni tutte esposte va dichiarata la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' dell'art. 11, comma 2-bis, della legge n. 359/1992 nei limiti sopra illustrati, con le conseguenti statuizioni di cui al dispositivo.